SCRIVERE PER ESSERE ASCOLTATI
- Vincenzo Marrocchini
- 27 mag
- Tempo di lettura: 2 min

C’è una differenza sottile, e fondamentale, tra scrivere per essere letti e scrivere per essere ascoltati.
Nel primo caso, bastano le parole. Nel secondo, serve la verità.
Viviamo in un’epoca affollata di contenuti, parole che scorrono veloci come fiumi in piena, post che durano il tempo di un respiro, storie che si dimenticano appena ci appaiono davanti agli occhi. Ma c’è ancora, in fondo a questo rumore, un bisogno profondo e autentico: quello di sentirsi davvero ascoltati.
Scrivere, oggi, non è più solo questione di stile, grammatica o punteggiatura. È un atto di connessione. Significa tendere la mano nel buio, sperando che qualcuno, da qualche parte, la afferri. Significa mettere a nudo qualcosa di sé con il coraggio di chi sa che non tutti capiranno, ma che chi capirà lo farà nel profondo.
Le parole che restano
Non sono i tecnicismi a rendere indimenticabile un testo. Non è l’eleganza della forma, né la complessità della struttura. Sono le crepe. Sono gli errori. Sono le verità sussurrate tra le righe.
Le parole che restano sono quelle che sanno ascoltare prima ancora di essere ascoltate.
Perché la scrittura autentica ha un cuore che pulsa, e chi legge lo sente. Non importa se parli di una ferita, di un amore perduto, di un sogno fragile. Importa che, in quelle righe, tu ci sia. Con la tua voce. Con il tuo respiro. Con la tua storia.
Scrivere per essere accolti
Essere ascoltati non è un atto passivo. È un gesto di reciprocità. È come aprire la porta di casa a chi bussa: uno scrittore sincero accoglie i suoi lettori non solo con le parole, ma con ciò che quelle parole nascondono – o rivelano.
Quando scriviamo per essere ascoltati, stiamo dicendo al mondo:" Ecco chi sono. Questo è ciò che sento. Se anche tu ti senti così, non sei solo."
Ed è lì che avviene il miracolo. Quando qualcuno si riconosce. Quando un estraneo legge una tua frase e pensa: "È come se l’avessi scritta io." In quel momento, non sei più solo. E neanche lui.
La responsabilità della voce
Chi scrive ha una responsabilità: quella della voce. Non serve gridare per farsi sentire. Serve dire qualcosa che abbia il peso dell’onestà. Scrivere con rispetto, con cura, con ascolto. Perché chi legge sta cercando qualcosa, e tu potresti essere il ponte che lo conduce a se stesso.
Non scrivere per stupire. Non scrivere per piacere.
Scrivi per dire
Scrivi per sentire
Scrivi per essere ascoltato

Commenti